Non tutti sanno che Montalcino ha un ruolo da protagonista nella storia di Slow Food, la più importante associazione internazionale no profit impegnata a dare valore al cibo “buono, pulito e giusto”. Nel 1982, da Bra, un gruppo di giovani dell’Arci Langhe guidati dal futuro fondatore di Slow Food Carlo Petrini, cresciuti politicamente a sinistra e con l’idea di provare a cambiare il mondo partendo dal cibo, va in gita a Montalcino per assaggiare quel Brunello di cui tanto si parla. Ma alla Festa dell’Unità a cui partecipano, viene servito cibo scadente con Rosso di Montalcino, invece che Brunello. Tornato a casa, Petrini invia una durissima lettera di protesta dicendo che se nelle Langhe avessero spacciato Nebbiolo per Barolo, li avrebbero messi alla gogna.
La risposta è un invito per il 1983 ad un convegno a Montalcino: “L’enogastronomia nella tradizione delle Case del Popolo”. “C’è da fare battaglia?” chiede Petrini quando arriva in una Casa del Popolo affollatissima di persone con la sua lettera. “No, da riflettere” gli rispondono. Ma salito su un trespolo, viene messo “sotto processo” con tanto di portavoce delle donne che avevano cucinato nelle cucine dell’Arci. “E così con il Brunello nei calici, quello vero, è nato uno dei primi Circoli Arcigola”, ricorda Petrini, e il concorso dedicato alle cucine delle Arci di tutta Italia che premiava, proprio a Montalcino, la gastronomia di qualità. Ma, soprattutto, è partita quella riflessione sul cibo che ha portato dalla nascita di Arcigola nel 1986 alla fondazione di Slow Food, con la pubblicazione il 3 novembre 1987 del “Manifesto slow-food” sulla prima pagina del “Gambero Rosso”, all’epoca supplemento gastronomico del quotidiano “Il Manifesto”, e con il lancio del movimento internazionale a Parigi nel 1989. Un movimento che oggi coinvolge milioni di persone e comunità del cibo in oltre 160 Paesi del mondo, e che è arrivato fino in Cina per diffondere la sua filosofia, mentre Petrini è tra i “50 uomini che potrebbero salvare il Pianeta” per “The Guardian”.