“Sacra e profana”, c’è una Montalcino che racconta anche di eretici, santi e beati. Come Giovanni Moglio che, nato in città nei primi anni del Cinquecento, frate francescano del Convento di San Francesco, pagò con la vita la sua predicazione verso la gente comune, ispirata ad un cristianesimo delle origini, in contrasto con il ruolo di intermediazione tra uomo e Dio proposto dalla Chiesa romana. Fu per questo sospettato di eresia, a Roma, dall’appena costituitosi Ufficio dell’Inquisizione, primo ad essere giudicato pubblicamente, e il 4 settembre 1553 impiccato e messo al rogo in Campo de’ Fiori, dove mezzo secolo dopo morì Giordano Bruno. Pochi anni prima, nel 1516 a Firenze, Papa Leone X santificò tra i martiri della Chiesa quei missionari francescani che, il 10 ottobre 1227, dopo un lungo periodo di torture, furono decapitati dai saraceni a Ceuta, in Marocco, con la colpa di predicare il Vangelo. Tra questi c’era anche un abitante di Montalcino: San Donnolo Donnoli. Ad entrambi sono dedicate due tra le vie più importanti della città. Percorrendole si arriva alla Chiesa ed al Convento di San Francesco da cui provenivano, e nel quale si racconta fossero conservate le reliquie del Beato Filippino Ciardelli, compagno di Sant’Antonio da Padova e San Francesco, noto per l’intensità della sua ascesi mistica e per le guarigioni operate in vita e post mortem, e del quale la propaganda francescana rivendicava le origini locali. Nel polittico della “Deposizione di Cristo dalla croce”, tra le opere più importanti dei Musei di Montalcino, Bartolo di Fredi, tra i più noti artisti di scuola senese del Trecento, ne raffigura la vita di asceta e le estasi nei boschi e i miracoli di fronte ai compagni francescani e agli abitanti della città.